Chernobyl: una ferita vecchia di 35 anni che ancora duole

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Tchernobyl, Chernobyl,Cernobîl
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La data del 26 Aprile rimarrà per sempre ricordata nella storia per il tragico evento che la scienza e il mondo intero abbiano mai visto. Oggi si compiono 35 anni da quando il quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl è esploso. Sono trascorsi molti anni, ma per chi ha l’ha vissuto rimane un ricordo indimenticabile; ciò per l’evento in sé di cui si ebbe notizia solo dopo alcuni giorni e poi per le reazioni e le conseguenze che ne derivarono.

In seguito all’esplosione del reattore della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, allora appartenente all’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), avvenuta durante un test il 26 aprile 1986, si diffonderà in tutta Europa l’allarme per il rischio di contaminazione radioattiva. La nube di Chernobyl arriverà in Italia il 2 maggio.

Dove si trova Chernobyl?

La città di Chernobyl, oggi conosciuta anche come città fantasma, si trova al nord della capitale Kiev (Ucraina) e prima del disastro contava 13.000 abitanti.  La centrale con i suoi 4 reattori fu progettata negli anni ’70 e costruita poi negl’ anni ‘80. Era quindi una centrale nuova, ma di vecchia concezione, basata sul reattore sovietico RBMK-1000, considerato difettoso sin dal principio. La centrale doveva produrre energia elettrica e si trovava in un comprensorio chiamato Pripyat, sostanzialmente una città costruita ad hoc per i dipendenti della centrale e le loro famiglie.

Perché il reattore era difettoso?

Nella maggior parte dei reattori nucleari dell’epoca, l’acqua viene utilizzata come liquido di raffreddamento, per adattare la temperatura del nucleo. Quando questo si riscalda produce più vapore, mentre l’aumento di bolle riduce la reattività del nucleo. Questa “capacità” è presente in tutte le centrali moderne dei paesi occidentali, quella di Chernobyl, invece, utilizzava ancora la grafite per moderare la reattività e mantenere sotto controllo la reazione. In questo caso, il surriscadalmento, una volta innescato, non diminuisce la reazione nucleare, ma l’aumenta portando ad una crescita in positivo del cosiddetto “coefficiente di vuoto”.

Cosa è successo a Chernobyl nel 1986

Negli anni ’80, centrali con reattori simili a quelli di Chernobyl erano abbastanza diffuse nell’Unione Sovietica, che allora era guidata dal giovane leader Gorbatcev. Vediamo insieme che cosa è successo esattamente il 26 APRILE 1986 alle ore 1:23:45 (ora esatta dell’esplosione).

  • Il giorno prima del disastro, gli addetti della centrale si stavano preparando ad uno spegnimento del reattore numero 4, con lo scopo di valutare la performance e migliorarne la manutenzione. Violando tutte le norme di sicurezza, gli ingegneri disattivarono il meccanismo di spegnimento automatico.
  • All’una e ventitré minuti del 26 aprile, quando le barre di controllo del combustibile nucleare, molto calde, sono state abbassate nell’acqua di raffreddamento, si è creata una quantità maggiore di vapore che, a causa dei difetti di progettazione del reattore, ha aumentato la reattività del nocciolo del reattore.
  • L’aumento di potenza ha causato una vera e propria esplosione, che ha staccato il rivestimento che serviva a proteggere il reattore, rilasciando nell’atmosfera le radiazioni e impedendo contemporaneamente al fluido refrigerante di arrivare nel reattore.
  • Pochi secondi dopo, una seconda esplosione di potenza ancora più grande della prima, ha fatto saltare l’edificio del reattore e ha scagliato grafite bruciata e altre parti del nocciolo intorno all’impianto, provocando una serie di intensi incendi attorno al reattore danneggiato e al reattore numero 3, ancora in funzione al momento dell’esplosione.
  • I dosimetri, strumenti con cui vengono misurate le radiazioni presenti nell’ambiente, chiaramente inadeguati, insufficienti e limitati, registravano un livello massimo di 3,6 roentgen all’ora, quantità che è stata inizialmente comunicata come ufficiale e già considerata letale da far evacuare tutta la zona. In realtà, le radiazioni presenti nell’atmosfera dopo l’esplosione arrivavano fino a 20.000 roetgen.

La serie TV Chernobyl

La serie, intitolata “Chernobyl”, prodotta da HBO si apre con una domanda tanto semplice quanto significativa, “Qual è il costo delle bugie?”. Vengono presentate le scene buie e fredde della notte dell’esplosione quando alla centrale era in corso un test di sicurezza sul reattore numero 4. Per una serie di fattori l’esperimento fallisce e si verifica quello che non si credeva lontanamente possibile: l’esplosione del nocciolo del reattore che, una volta scoperto, avrebbe sprigionato una quantità notevole di radiazioni.

Vale la pena guardare questa serie e anche leggere quest’articolo sulla pandemia in 3 atti!

Dopo l’esplosione, vengono chiamati i vigili del fuoco per spegnere quello che era considerato “un banale incendio sul tetto della centrale”, senza essere del tutto informati sul pericolo a cui adavano incontro. Le istituzoni politiche avevano deciso di nascondere questo evento per evitare qualsiasi forma di scandalo e proteggere la loro immagine in Occidente

I reattori Rbmk usano uranio 235 come combustibile. Ogni atomo di U-235 è come un proiettile che viaggia quasi alla velocità della luce penetrando qualsiasi cosa incontri: legno, metallo, cemento, carne. Ogni grammo di U-235 ha più di un trilione di questi proiettili. Chernobyl contiene più di 3 milioni di grammi che ora vanno a fuoco.

  • Valerij Legasov, scienziato

Nel primo episodio viene mostrato il nucleo della serie, il modo in cui si è deciso di raccontare i fatti accaduti che hanno portato al disastro e come si è cercato di risolverlo. Da un disastro nucleare solitamente vengono presentate immagini che descrivono caos, rumore e distruzione, invece in questa serie le immagini presentate inducono una terribile quiete che rappresenta la calma prima della tempesta.

Inoltre, viene mostrato anche il fatto di come nessuno fosse preparato a gestire le conseguenze di un evento di tale portata. Nessuno fu escluso, dagli interventi di primo soccorso dei pompieri e del personale medico in ospedale, alla gestione del contenimento delle radiazioni in maniera tempestiva e duratura. La situazione si aggravò maggiormente a causa della scarsa protezione e comunicazione da parte di chi avrebbe dovuto informare la popolazione.

Solo 36 ore dopo, quando già in Svezia, a 400 chilometri di distanza, vengono riscontrati livelli allarmanti di radiazioni, quando in Germania ai bambini era già stato proibito di giocare all’aperto e quando hanno iniziato a circolare le immagini satellitari della centrale distrutta, solo allora gli abitanti di Pripyat sono stati evacuati.

La serie continua ripercorrendo i giorni e le settimane seguenti all’accaduto ed esamina quei numerosi elementi e fattori che hanno portato al disastro. Dalle decisioni sbagliate, all’incompetenza di alcuni addetti, alla struttura del sistema del reattore, ai protocolli violati, ma soprattutto alle verità negate. Ognuno di essi è stato un anello di quella catena che, una volta spezzata, è stato impossibile ricostruire.

Le conseguenze del disastro di Chernobyl

Solo una volta comunicato il disastro da parte della capitale sovietica, Mosca – ufficialmente il 28 aprile – si è messa in moto la soluzione per contenere le radiazioni sprigionate dalle macerie del nocciolo del reattore esploso: il 30% di uranio della centrale era già nell’atmosfera. È stato il primo incidente nucleare a essere stato classificato come catastrofico (di livello 7), il grado più alto nella scala Ines degli incidenti nucleari, seguito poi da quello di Fukushima (causato però da un disastro naturale, uno tsunami, e che ha portato a una fusione parziale del nocciolo, a differenza dell’esplosione totale di Chernobyl, causata dall’errore umano).

I disastro ha avuto grosse ripercussioni anche sulla flora e sulla fauna. Inoltre, gravi conseguenze sono state riscontrate anche a grandi distanze dal disastro; infatti i venti hanno portato le radiazioni nei seguenti stati: i paesi scandinavi (Svezia, Danimarca, Finlandia e Norvegia) e l’Europa orientale (Bulgaria, Romania, Grecia, Moldavia, Slovenia, Austria, Svizzera, Germania e anche 300 km² in Italia).

Fonti:

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