Autor: Diana Caragea
Scrittore, filologo e, soprattutto, poeta. Francesco Petrarca è una delle figure prevalenti della letteratura italiana medievale, grazie al suo lavoro indimenticabile, il Canzoniere. Egli è considerato anche uno dei fondatori della lingua italiana, insieme a Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio, i quali rappresentano, secondo i critici ottocenteschi, le “tre corone fiorentine” che scrissero in volgare.
Scopriamo di più riguardo questo personaggio affascinante del Medioevo!
L’infanzia di Francesco Petrarca
Francesco Petrarca nacque il 20 luglio 1304 ad Arezzo da Eletta Canigiani e Petracco di Parenzo. Suo padre era un notaio esiliato dalla sua città natale, Firenze, a causa della vittoria dei Guelfi Neri contro i Ghibellini. Egli trascorse l’infanzia tra il Valdarno e Pisa fino a quando la sua famiglia si trasferì ad Avignone, in Francia, dove si trovava la nuova sede papale. Qui,suo padre poté assicurarsi un lavoro.
Così Francesco Petrarca viene iniziato alla letteratura francese, la quale avrà un grande impatto sulla sua carriera, e alla letteratura religiosa e volgare (che ritroviamo nelle poesie del dolce stilnovo).
Gli studi
Francesco Petrarca diventa il discepolo di Convenevole da Prato, il quale insegna al futuro genio letterario le basi della grammatica e, più tardi, segue corsi di diritto a Montpellier (1320-1326) e a Bologna, rimasti incompiuti.
La morte di suo padre spinse Francesco Petrarca a intraprendere una carriera ecclesiastica, diventando così il cappellano dei Colonna. I noti nobili romani appresero che il poeta aveva viaggiato in diverse regioni d’Europa, come i Pirenei, la Francia del Nord, la Germania, le Fiandre e Liegi. Qui, Francesco Petrarca aveva scoperto alcuni manoscritti antichi, conosciuti anche come ‘codici’ e due orazioni di Cicerone, sconosciute fino ad allora.
I lavori di Francesco Petrarca
Il Canzoniere
Il Canzoniere rappresenta il capolavoro petrarchesco, composto tra il 1336 e il 1374. Francesco Petrarca continua a scrivere fino alla sua morte, sopraggiunta il 19 luglio 1374, a 70 anni. Il titolo originale del Canzoniere era in latino, Rerum Vulgarium Fragmenta, il quale significa “frammenti di cose volgari”. La scelta del poeta non è casuale poiché durante quel periodo, la lingua volgare aveva raggiunto uno statuto prestigioso grazie al suo uso nelle poesie del Trecento.
Il Canzoniere costituisce un volume di 366 poesie. I temi principali sono:
- la spiritualità: il proemio del Canzoniere rappresenta la confessione del poeta al lettore riguardo l’errore della gioventù, quindi l’innamoramento precoce e l’inquietudine dell’io lirico, il quale vuole confessare allo scopo di trovare la sua pace.
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
(I)
- l’amore: il 6 aprile 1327 incontra Laura (probabilmente Laura De Noves), nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone, della quale s’innamora perdutamente. Purtroppo, lei muore da giovane, probabilmente a causa della peste che colpì l’Europa in quel periodo. Laura diventa la musa di Petrarca e corrisponde alla figura della donna angelo: simbolo usato dai poeti del dolce stilnovo, è un intermediario per l’uomo che deve imparare ad amare per poter essere vicino alla divinità.
I suoi capelli d’oro e i suoi begli occhi rimangono elementi indimenticabili nella letteratura italiana, la descrizione di Laura essendo ripresa da vari scrittori del Rinascimento, tra i quali ricordiamo Ludovico Ariosto (Angelica nell’Orlando Furioso) e Torquato Tasso (Erminia nella Gerusalemme Liberata).
Ecco uno dei più importanti sonetti dedicati alla donna amata da Francesco Petrarca:
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;
e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; e le parole
sonavan altro che, pur voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
(XC)
Il sonetto petratchesco rimane uno dei più utilizzati nella storia letteraria, la sua struttura essendo costituita da 14 versi, come segue: ABAB ABAB CDC CDC, a rima alternata e incatenata. Il contrasto tra passato e presente è catturato perfettamente dalla struttura, la quale conserva e divide la malinconia e il rimpianto, rimanendo così uno dei più indispensabili elementi della poesia petrarchesca.
Africa
L’Africa rappresenta una delle più essenziali opere in latino al giorno d’oggi, scritta tra il 1339 e il 1343. Il lavoro è composto da nove libri, considerato non finito perché in quel periodo un poema epico doveva essere scritto in 12-14 libri, motivo per cui questo suscitò polemiche dopo l’incoronazione simbolica del poeta.
L’Africa racconta la Seconda guerra punica, concentrandosi sulla biografia di Scipione l’Africano, che sconfisse Annibale e invase l’Africa come conseguenza dell’invasione dell’Italia.
L’8 aprile 1341, avvenne la sua incoronazione poetica per il suo lavoro Africa, a Roma. Il senatore offrì al poeta una ghirlanda d’alloro, “laureato” simbolicamente per la sua eccellenza letteraria.
Il poema epico è dedicato al re di Napoli, Roberto d’Angiò, famoso scrittore italiano con cui ebbe un legame stretto. Fu compito del re decidere se il poema fosse veramente degno di riconoscimento o no, motivo per il quale lo esaminò attentamente per tre giorni, dal mattino fino alla sera. Alla fin fine, offrì a Francesco Petrarca un “manto d’Onore”, simbolo del suo rispetto per il talento del poeta.
Sapevi che l’ultimo poeta ad essere incoronato con l’alloro è stato Stazio?
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